Dalla Terra alle Stelle
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 198, p. 3
Data: 21 agosto 1955
pag. 3
Ha rintronato il mondo, poco tempo fa, l'annuncio, solennemente dato dal sovrano quadriennale degli Stati Uniti d'America, che nel 1957 s'inalzeranno dalla terra certe piccolissime mine artificiali che, arrivate a poche centinaia di chilometri, cominceranno a girare intorno al pianeta. Codesti satelliti non avranno nessun abitante e i loro viaggi circolari saranno pochi perchè, in capo a sei o sette giorni, la finta luna non avrà più fiato e ricadrà verso la terra.
S'è detto che questo lancio al di là dell'atmosfera sarà il primo passo verso la luna ma le modeste dimensioni, nello spazio e nel tempo, di quel balocco astrale non mi hanno concesso di associarmi allo stupore universale. I futuri Colombi astronauti riusciranno, forse, a piombare su quel gelido, deserto e inospite astro minimo che fa latrare i cani nelle notti di plenilunio. Ma troveranno ben poco da vedere e da scoprire perchè gli astronomi e gli astrofisici hanno spiato la luna molto dappresso e la conoscono incomparabilmente meglio di ogni altro corpo celeste.
Si crede oggi che la fantascienza sia nata ieri ed invece è stravecchia e io posso e voglio farne testimonianza.
Sessant'anni fa, forse più che meno, ero l'infimo cliente di una piccola cartoleria di via Pietrapiana, presso il Canto alle Rondini, dove compravo i quaderni di scuola e della carta vilia per scrivere le mie tragedie e le mie poesie. In quella bottega vendevano anche romanzi a dispense e un giorno vidi sul banco la prima puntata di un romanzo che aveva questo irresistibile titolo: Dalla Terra alle Stelle. Per quanto io fossi quel giorno, come tutti i giorni di tutto l'anno, senza quattrini, non ebbi pace finchè non ruscii a mettere insieme i dieci centesimi che costava quella dispensa apportatrice di tanta meravigliosa promessa. Le prime pagine accrebbero la mia smania ed essere obbligato ad aspettare sette giorni per leggere il seguito mi faceva indicibilmente soffrire. Si trattava di uno scienziato che, nel corso di alcuni esperimenti, si accorse che una miscela ottenuta per caso aveva la strabiliante virtù di vincere la forza di gravità. Qualsiasi oggetto spalmato con quella miscela si sollevava rapidamente in alto. Lo scienziato pensò di approfittare di questa casuale ma stupenda scoperta per intraprendere un viaggio attraverso i cieli.
Ogni giovedì mattina andavo alla piccola cartoleria di via Pietrapiana con la speranza di trovare la nuova dispensa. Al banco c'era sempre una ragazza così strana che mi è rimasta impressa nella memoria fino a questo giorno. Era piuttosto alta, con bei capelli di un caldo biondo veneziano, con due bellissimi occhi color fiordaliso, col carnato bianco e rosa e un naso perfetto ma purtroppo tutte queste bellezze erano deturpate da una bocca mostruosa, quale non mi è occorso di vedere mai più. La disgraziata ragazza aveva due labbri gonfi, tumidi, enormi, più grossi di quelli che si procurano artificialmente certe negre dell'Affrica equatoriale: sembravano due grosse fette di carne viva appiccicate per scherno su quel bel viso. Per colmo di sciagura, il labbro superiore era fenduto profondamente nel mezzo e le due parti si rialzavano in buffa maniera quando l'infelice ragazza, così bella e così orribile, era costretta a parlare. Si era accorta della mia impazienza di conoscere il seguito del viaggio dalla Terra alle Stelle e, se la dispensa era arrivata, me la porgeva con uno spaventoso sorriso oppure mi faceva una paurosa smorfia per avvertirmi che le dispense erano ancora in viaggio.
A dispetto dei ritardi, potei seguire a poco a poco le vicende del portentoso volo e della esplorazione del pianeta Venere e ricordo ancora certe stupefacenti figure di quel mondo nuovissimo e lontanissimo.
Rammento anche il nome dell'autore di quel profetico libro: si chiamava Ulisse Grifoni, oscuro e dimenticato nome.
Ed ecco perchè il solenne annuncio del Presidente degli Stati Uniti, invece di riempirmi di ammirante commozione e sorpresa — e ne chiedo umilmente perdonanza —, ha risvegliato in me semplicemente l'immagine dei badiali labbroni della povera cartolara di via Pietrapiana.
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